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Il provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate comunica l’annullamento (post sospensione temporanea) della comunicazione di opzione di sconto o cessione ex art. 121 del DL 34/2020, presentata dal beneficiario del superbonus di cui all’art. 119 del DL 34/2020 o di altro bonus edilizio tra quelli elencati al comma 2 dell’art. 121 del DL 34/2020, al fine di rendere opponibile all’Amministrazione finanziaria l’opzione esercitata, determinando così l’iscrizione, nel cassetto fiscale del fornitore o del cessionario, del credito d’imposta corrispondente allo sconto applicato in fattura o alla detrazione altrimenti spettante, non rientra nel novero degli atti impugnabili avanti le Corti tributarie espressamente elencati dall’art. 19 del DLgs. 546/92.

Se oggi persistesse ancora il totem della tassatività di quell’elencazione, il contribuente non avrebbe rimedi giurisdizionali contro quell’atto e potrebbe confidare solo nel riesame del provvedimento in autotutela da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Tuttavia, nel tempo, dottrina e giurisprudenza hanno preso coscienza di quanto la tassatività lederebbe i diritti del contribuente, in quanto la crescente complessità del sistema tributario, specie negli ultimi anni, fa sì non solo che il contribuente possa, ma che debba poter ricorrere contro atti che non sono espressamente inclusi in quell’elenco.
I tempi sembrano anzi maturi per sorpassare, sia pure in situazioni particolari e circoscritte, uno dei pilastri su cui si è sempre fondato l’assetto processuale tributario, ovvero il divieto di azioni di accertamento negativo, perché, più si amplia il novero degli atti impugnabili, più ci si avvicina a un sistema in cui il menzionato divieto si affievolisce.
Un chiaro esempio è la possibilità di impugnare il diniego di autotutela quando, successivamente alla cartella di pagamento, si è formata la prescrizione (Cass. 11 maggio 2020 n. 8719).

Tornando alle comunicazioni di opzione di sconto o di cessione ex art. 121 del DL 34/2020, premesso che l’impugnabilità del provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate ne comunica il (definitivo) annullamento, dopo la (temporanea) sospensione, potrebbe essere forse ricondotto all’elenco degli atti impugnabili ai sensi dell’art. 19 del DLgs. 546/92 facendo leva sul disposto della lett. h), inquadrandolo quale atto di “diniego o revoca di agevolazioni”, giova sottolineare come la giurisprudenza di merito abbia già avuto modo di esaminare la questione e di “andare oltre”.

La C.G.T. Trieste 11 aprile 2023 n. 81/1/2023, infatti, ha avuto modo di confermare l’impugnabilità del provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate ne comunica il (definitivo) annullamento, dopo la (temporanea) sospensione, motivando che “sebbene il provvedimento impugnato non sia elencato tra quelli indicati dall’art. 19 del DLgs. 546/92 [come l’Agenzia delle Entrate, nella propria memoria di costituzione e risposta, non aveva mancato di sottolineare] ciò nonostante la possibilità di cessione del credito – impedito dal provvedimento dell’Amministrazione finanziaria – si pone come una delle possibilità attraverso le quali il contribuente può beneficiare dello sconto fiscale previsto dalla norma agevolatrice e, pertanto, costituisce, sicuramente, un elemento della struttura tributaria del beneficio fiscale”.

Il ricorso segue le regole ordinarie

Resta ben inteso che, se il ricorso e il processo seguono le regole del DLgs. 546/92, pare inevitabile ritenere, specie ai fini prudenziali, che l’impugnazione del provvedimento di annullamento sia possibile soltanto entro i 60 giorni dalla data di sua comunicazione, spirati i quali sembrerebbe rimanere solo la via del riesame in autotutela da parte dell’Agenzia delle Entrate (si veda “Riesame sine die per l’annullamento dell’opzione per lo sconto in fattura” del 29 aprile 2024).

Notevole potrebbe quindi essere la responsabilità dell’intermediario fiscale che ha inviato la comunicazione di opzione e che riceve la comunicazione di avvenuto annullamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, laddove non la trasmetta tempestivamente al beneficiario che l’aveva presentata.

Il valore della lite sul provvedimento di annullamento, utile da individuare in special modo ai fini del pagamento del contributo unificato, potrebbe essere ritenuto indeterminabile con contributo fisso di 120 euro.
In relazione a quest’ultimo punto, potrebbe anche essere parametrato all’intero valore della detrazione, ma comunque se la segreteria ritenesse errato il valore indeterminabile notificherebbe un invito al pagamento che, se regolarizzato nei termini, non darebbe luogo a nessuna sanzione.

 

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